Le prime interpretazioni esoteriche

I tarocchi di Etteilla

 

Alla fine del Settecento, mentre i Tarocchi si espandevano in tutta Europa come gioco di società, alcuni membri della Massoneria parigina cominciarono a diffondere l'idea che queste carte fossero nate nell'antico Egitto. Cominciò così I'epopea dei Tarocchi occultistici. Nel 1731 l'abate Jean de Terrasson pubblicò a Parigi  "Sethos", storia tratta da monumenti e aneddoti dell'antico Egitto nella quale si trova la descrizione delle iniziazioni ai Misteri egiziani. Questo romanzo narra la storia del principe Sethos, erede al trono d'Egitto, che per riconquistare il potere usurpato da una perfida dama di corte, deve acquisire sapienza e forza passando attraverso I'iniziazione ai Misteri di Iside, svolti segretamente dentro la piramide di Cheope. Nelle Logge massoniche inglesi e francesi, impegnate fin dalle loro origini (ufficialmente nel 1717) a cercare l'antica "sapienza perduta", questo romanzo ebbe immediato successo e condizionò svariate generazioni di adepti; non a caso, alcuni decenni più tardi, inizieranno a nascere "riti egizi" ispirati ad alcuni capitoli di Sethos. Proprio sull'onda della moda egizianista nacque la leggenda che attribuiva l'invenzione dei Tarocchi al dio egizio Thoth, patrono della scienza e delle arti magiche; a diffonderla per primo fu Antoine Court de Gebelin (1719-1784), esponente di spicco della Massoneria francese.

UNA STRANA ENCICLOPEDIA
Nei manualetti "esoterici" sui Tarocchi Court de Gebelin è solitamente definito "un pastore protestante appassionato di archeologia"; ma in realtà egli fu una personalità molto più complessa. Ricoprì la carica di Censore Reale, che nella cattolicissima Francia era assolutamente insolita per un uomo di fede avversa; fu presidente del Museè,una società letteraria parigina; fu amico degli enciclopedisti Diderot e D'Alembert, degli scienziati Franklin e Lalande, dei teorici della rivoluzione Danton e Desmoulins, dell'eroe dell'indipendenza americana la Fayette, tutte persone legate come lui alla loggia massonica "le Nove sorelle", che egli diresse per due anni. Court de Gebelin fu affiliato, fra l'altro, all"'Ordine dei Filaleti", una società paramassonica tra i cui scopi era di trovare nei riti massonici i rapporti con le antiche dottrine esoteriche: principalmente con la Cabbala e l'Alchimia. Questi pochi dati sono sufficienti a far capire quanto peso avessero sugli intellettuali francesi le opinioni di Court de Gebelin. Infatti, quando egli annunciò la pubblicazione dell'enciclopedia "Mondo primitivo", analizzato e comparato con il mondo moderno, trovò subito un sufficiente numero di sottoscrittori che si impegnarono ad acquistare copie dei volumi, il primo dei quali fu stampato nel 1773. Il titolo di quest'opera si basa sulla credenza, diffusa non solo in ambienti massonici, che all'origine dei tempi fosse esistita un'età dell'oro in cui tutti gli uomini avevano una lingua comune, una sola religione e identiche usanze, semplici e pacifiche. Quel mondo sarebbe poi degenerato moralmente, nel corso dei secoli, fino a compiere quell'atto di orgoglio, la costruzione della Torre di Babele, punito da Dio con la confusione delle lingue. Dunque, tra le ambizioni della Massoneria vi era pure quella di ritrovare la lingua perduta e di ricostruire la religione primitiva che sarebbe stata il fondamento di una nuova età dell'oro. Poiché a quell'epoca la civiltà egizia era considerata la più antica del mondo, proprio sull'Egitto si concentrò l'interesse maggiore dei massoni. In sostanza l'enciclopedia di Court de Gebelin fonda il suo metodo nello studio comparato di miti, principalmente egizi e greci, racconti biblici, nomi di persone e di città, radici linguistiche, geroglifici, blasoni, dipinti, monumenti e quant'altro potesse servire a dimostrare la presunta unità culturale del mondo primitivo. Oggi questa teoria, fantasiosa e insostenibile, appare assurda, come la maggior parte delle affermazioni di Court de Gebelin, e infatti Monde Primitif (Parigi, 1781), sarebbe completamente dimenticato, se non fosse per un articolo apparso nell'ottavo volume in cui si parla della riscoperta del mitico Libro di Thoth e del suo rapporto con il gioco dei Tarocchi.
IL LIBRO DI THOTH
L'articolo "Del gioco dei Tarocchi" comincia descrivendo la "sorpresa che causerà la scoperta di un libro egizio'.. A quell'epoca i geroglifici erano ancora indecifrati e la maggior parte delle tombe egizie giaceva sotto la sabbia, così Court de Gebelin mirò a incuriosire il lettore con abili giochi letterari. Finse di aver ignorato l'esistenza dei Tarocchi fino al giorno in cui era andato a trovare un'amica che egli trovò intenta a giocare ai Tarocchi con alcune dame. Incuriosito dalle strane figure, Court de Gebelin le osservò meglio e ne comprese il vero significato: "in un quarto d'ora tutto il mazzo venne sfogliato, spiegato, dichiarato egizio". L'articolo prosegue descrivendo il rapporto delle varie figure con la religione egiziana. Per esempio, nella carta del Diavolo (XV) Court de Gebelin vide Tifone, il mostro che ogni anno uccide il dio del Sole Osiride, riportando così l'inverno sulla terra. Nella figura del Carro (VII) vide Osiride trionfante in seguito alla risurrezione provocata dalle lacrime della moglie Iside. E nella figura della Luna (XVII) vide Iside intenta a versare le lacrime che all'inizio dell'estate provocano le fertili inondazioni del Nilo. Nella seconda parte dell'articolo Court de Gebelin, rapito da fantasie linguistiche, analizzò alcuni "nomi orientali" presenti nei Tarocchi. Per prima cosa affermò che questo termine è puramente egizio; sarebbe composto dai termini Tar e Ros e significherebbe "sentiero reale della vita". La parola Matto verrebbe da Mat, cioè ucciso, incrinato. Invece Bagatto deriverebbe da Pag e Gad, e significherebbe "Signore del Destino". Court de Gebelin spiegò anche, molto sommariamente, il modo in cui si gioca ai Tarocchi; analizzò il mazzo dal punto di vista della presunta geografia politica dell'antichità; ne individuò il rapporto con un monumento cinese; descrisse i rapporti delle carte inferiori con le quadriglie e i tornei cavallereschi; infine accennò al loro uso nella divinazione, introducendo così un anonimo collaboratore, "M.le C. de M.", recentemente identificato con Louis Raphael de Fayolle, conte di Mellet, che nell'articolo successivo descrisse le implicazioni religiose e magiche del Libro di Thoth. Per prima cosa Fayolle diede una personale etimologia (assurda come quella di Court de Gebelin) del termine Tarocchi, che sarebbe derivata da T-a-Rosh, "tavole della dottrina di Mercurio"; poi divise i 22 Trionfi in tre gruppi. Il primo, detto "Secolo d'Oro", descrive le fasi della creazione: l'universo (II Mondo), l'umanità (II Giudizio), Il Sole, La Luna, Le Stelle, il Paradiso terrestre (La Torre). L'ultima carta di questo "settenario" è Tifone (II Diavolo) che "viene a turbare l'innocenza degli uomini, a chiudere l'età dell'oro". Il "Secolo d'Argento" si apre con l'angelo della Temperanza, che istruisce l'umanità sul modo per evitare il tragico destino al quale è condannata, rappresentato dalla figura della Morte. La serie prosegue con gli accidenti della vita umana, rappresentati dall'Appeso per segnalare la necessità di procedere con prudenza: suspenso pede. La Forza è un soccorso alla Prudenza, mentre La Ruota insegna che, dopo la caduta dell'umanità, non più la virtù ma la fortuna distribuisce beni e dignità. Viene poi il filosofo (L'Eremita) che cerca La Giustizia, ultima carta della serie. Il "Secolo di Ferro" inizia con il "Carro di Guerra" e prosegue con l'uomo in bilico tra vizio e virtù (Gli Amanti). Quindi viene Giove, o l'Eterno (II Papa), che con la folgore minaccia La Terra. Dopo il Re (L'Imperatore) e la Regina (L'Imperatrice) viene la penultima carta, Giunone (La Papessa), che mostra il cielo con la destra e la terra con la sinistra per annunciare la religione terrestre, o l'idolatria, raffigurata da un pavone; è evidente, da queste ultime affermazioni, che Fayolle basò la sua analisi sui Tarocchi di Besançon. Questa serie termina con il Bateleur (II Bagatto) che tiene in mano la verga dei maghi, fa miracoli e inganna la credulità dei popoli. Esso è seguito da una carta che rappresenta la follia dell'umanità, la cui marcia verso il crimine è rallentata da una tigre; emblema dei rimorsi.

ETTEILLA E IL LIBRO DI TOTH
Per quanto possa sembrare strano, la vita del più famoso cartomante di tutti i tempi è avvolta nella quasi totale oscurità. Solo in anni recenti, infatti, è stata compiuta una ricerca che ha permesso di tracciare una biografia abbastanza precisa di questo affascinante personaggio. È impossibile, al giorno d'oggi, avere un'idea precisa della reazione dell'opinione pubblica francese in seguito alla "riscoperta" del Libro di Thoth da parte di Antoine Court de Gebelin e alle sue rivelazioni riguardanti i significati religiosi e divinatori dei Tarocchi. Non c'è dubbio che l'articolo apparso nell'ottavo volume di Mondo primitivo provocò un acceso dibattito che si estese anche al di fuori delle logge paramassoniche i cui membri si dedicavano al recupero di antiche dottrine esoteriche. Si conoscono, infatti, interpretazioni diverse che smentivano le affermazioni dell'archeologo massone; alcune si basavano su considerazioni storiche diametralmente opposte a quelle di Court de Gebelin; altre annunciavano l'esistenza di misteri ancor più profondi. Tra questi ultimi merita una particolare considerazione Jean-Baptiste Alliette ( 1738-1791) che fu il primo a sistematizzare l'uso cartomantico dei Tarocchi e a trasformare le figure per farle aderire alle loro presunte origini egizie, dando il via a una moda che da allora è sempre stata in auge. Ma chi era quest'uomo la cui presunzione lo portò a fregiarsi del titolo altisonante di “devin du siècle”?
ETTEILLA, IL DIVINO CARTOMANTE
Jean-Baptiste Alliette, a differenza di Court de Gebelin, aveva una cultura molto modesta. Figlio di un commerciante di vino di Parigi, si sposò presto e intraprese la professione di rivenditore di grano, ma senza successo. Non è chiaro quando Alliette cominciò la sua carriera di indovino, usando lo pseudonimo di Etteilla (il suo cognome scritto a rovescio), ma ciò avvenne quasi certamente prima del 1770, anno in cui pubblicò a Parigi un libretto intitolato "Etteilla, o la sola maniera di tirare le carte", dove spiegava un semplice metodo per leggere il futuro con un jeu du piquet, cioè con il comune mazzo a semi francesi ridotto a 32 carte. Questo libretto ebbe un discreto successo e negli anni seguenti fu ristampato varie volte con titoli diversi. Nonostante ciò, la fama di Etteilla restò sempre limitata a Parigi e alle sue immediate vicinanze; solo negli ultimi anni di vita, infatti, il cartomante ottenne un riconoscimento più ampio grazie alla pubblicazione della "Maniera di ricrearsi con il gioco di carte chiamate Tarot", che uscì sotto forma di cinque "quaderni" tra il 1783 e il 1787. Quest'opera, oltre alle teorie sul Libro di Thoth, cioè sui Tarocchi, contiene alcune informazioni sull'autore che vale la pena riportare. Per esempio, riferendosi allo studio compiuto da Court de Gebelin, Etteilla affermÒ di averlo preceduto di quasi vent'anni dato che, tra il 1757 e il 1765, assieme a un vecchio piemontese, un certo Lamballe, aveva intrapreso lo studio del "libro egizio" e della scienza sacerdotale in esso contenuta. Inoltre, Etteilla disse di aver scritto in quegli stessi anni uno studio sulla Papessa grazie al quale, nel 1777, a Francoforte sul Meno, gli venne conferito (non si sa da chi) il titolo di "Astrophil-Astres". È possibile che Etteilla si fosse affiliato a una delle tante società segrete di ispirazione egizia che fiorivano in quell'epoca, ma forse non tutte le sue affermazioni rispondevano a verità. In ogni caso, le idee fondamentali sui Tarocchi contenute nella "Maniera di ricrearsi" sono le stesse espresse da Court de Gebelin: il gioco dei Tarocchi è un antico libro egizio, il leggendario Libro di Thoth, le cui pagine contengono il segreto della creazione del mondo e del divenire della razza umana. Esso venne ideato, secondo Etteilla (e questa è un'idea assolutamente originale), durante un convegno di 17 maghi presieduto da Hermes Trismegistos; poi fu inciso su lamine d'oro che vennero poste attorno al fuoco centrale del tempio di Memphis e infine, dopo varie vicissitudini, fu malamente riprodotto da "vili incisori medievali"; perciò il Libro di Thoth aveva bisogno di molte correzioni. Su queste basi Etteilla descrisse le figure "vere" dei Tarocchi.
DAI TAROCCHI AL LIBRO DI THOTH
La rielaborazione dei Tarocchi effettuata da Etteilla è chiaramente basata sul saggio di M.le C. de M., il collaboratore di Court de Gebelin, ma Etteilla evitò qualunque accenno a quello scritto, forse per non incorrere nell'accusa di plagio, e fece invece continui riferimenti al Pimander, o "Buon Pastore", un libro che un'antica tradizione attribuiva a Hermes Trismegistos, nome greco del dio Thoth. Quest'opera fu conosciuta in Europa solo a partire dal 1460, quando il filosofo fiorentino Marsilio Ficino (1433-1499), venuto in possesso di una copia greca giunta da Bisanzio, la tradusse in latino. In quell'epoca ebbe inizio un processo di restaurazione della presunta "teologia primitiva" che dai circoli ermetici dell'Italia rinascimentale giunse sino alla Massoneria francese del Settecento, i cui membri ignoravano, o fingevano di ignorare, che gli scritti attribuiti al mago "tre volte grande", Hermes Trismegistos, non risalivano affatto all'antico Egitto, ma furono redatti tra il Il secolo a.C. e il I secolo d.C., come aveva dimostrato l'illustre filologo Isaac Casaubon nel 1614. Ma torniamo ai Tarocchi. Etteilla lasciò intatta I'impostazione delle figure di corte e delle carte numerali, mentre effettuò numerose modifiche all'iconografia e alla numerazione dei Trionfi. Secondo tali modifiche, le prime otto carte riproducevano le fasi della creazione; le quattro seguenti erano le Virtù che conducono alla reintegrazione delle anime in seno alla Divinità; le ultime dieci rappresentavano i condiziona menti cui sono sottoposti gli esseri umani; le carte restanti (numerate da 23 a 77) sono "le sentenze scritte per i mortali'.In sintesi, il Libro di Thoth concepito da Etteilla conterrebbe una "medicina filosofale" applicabile ai diversi livelli dello spirito umano; questa medicina agirebbe per mezzo dei segni impressi nelle carte opportunamente manipolate nel corso di appositi riti, cioè sedute cartomantiche. Va precisato che nei quaderni scritti da Etteilla dopo il primo volume della "Maniera di ricrearsi" ci sono numerose contraddizioni, ripetizioni, omissioni e complicazioni derivate dalla volontà del cartomante di inserire nel suo sistema tutte le scienze occulte [astrologia, alchimia, eccetera). In ogni caso, fu grazie a quelle opere che Etteilla raggiunse una discreta reputazione come "insegnante delle scienze segrete",tanto che nel 1787 fu invitato a tenere una conferenza presso la sede dell'Ordine dei Filaleti, la fratellanza a cui appartenne anche Court de Gebelin. 
I PRIMI DISCEPOLI DI ETTEILLA
La fama del "divino cartomante" si accrebbe ulteriormente a partire dal 1788, in seguitò alla fondazione della Società Letteraria degli Associati Liberi degli Interpreti del Libro di Thoth, che lui stesso diresse fino alla morte. Il principale strumento di studio fornito ai membri di questa fratellanza era un mazzo di Tarocchi fatto realizzare appositamente da Etteilla in conformità con le proprie concezioni esoteriche e di cui, purtroppo, nessun esemplare è giunto fino a noi. Alcuni adepti della Società scrissero varie opere sul Libro di Thoth; per esempio, il discepolo prediletto di Etteilla, Jejalel, pseudonimo di Hugand, pubblicÒ nel 1789 un opuscolo indirizzato ai confratelli e intitolato "Fate meglio, io lo consento, o le istruzioni di Iside". Altri discepoli anonimi stamparono, nel 1791, il Dizionario Sinonimico del Libro di Thoth, una vasta raccolta di tutti i possibili significati delle 78 carte. Dopo la morte di Etteilla uno degli adepti, Melchior Montmignon D'Odoucet, si appropriò in modo fraudolento della gestione della Società degli Interpreti, contravvenendo alle disposizioni del maestro, che invece aveva designato quale successore Hugand. Quest'ultimo, che a quell'epoca viveva a Tolone, non si oppose, così le attività della Società continuarono ancora per qualche anno sotto la guida di D'Odoucet, il quale fece stampare una nuova versione del Libro di Thoth di Etteilla, la prima di una lunga serie.